Breve storia delle droghe

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Davide Di Giovanni, Psicologo e direttore di Life & Mind Psicologia

Le droghe vengono utilizzate da millenni, da popolazioni che scoprirono come alcune piante avessero degli effetti quasi magici, impiegate nella cura delle malattie, nei riti religiosi, per alleviare il dolore o aumentare la forza e la resistenza alla fatica nei lavoratori e negli schiavi. Nella società moderna le droghe fanno il loro ingresso nel corso del 1800, e il loro uso è spesso presente in ambito medico. Il medico ha ora qualcosa di miracoloso, un qualcosa ad esempio che permette di fare operazioni chirurgiche senza che la persona senta dolore. fino agli anni 50-60 del 900 si assiste a un percorso più o meno simile per le varie droghe: esse vengono scoperte, accolte con fervore, diventano di ampio uso tra la popolazione, ad esempio per migliorare le proprie prestazioni psicofisiche (cocaina), curare la tosse, per poi scoprirne gli effetti negativi e tentare di bloccarne l’utilizzo con leggi, operazioni di polizia e campagne mediatiche. Inizialmente dunque, le droghe sono un qualcosa il cui uso è normale, raccomandato, mostrato nei film come un qualcosa di buono. Queste droghe erano facilmente e legalmente acquistabili in farmacia o per posta. Nell’800 addirittura vengono vendute bibite che contengono la cocaina, come ad esempio la famosissima Coca-Cola, il cui nome deriva dalla presenza nella bevanda di cocaina e noci di cola, o il Vin Mariani, vino alla coca. Prendendo l’esempio della cocaina, essa venne descritta e ampiamente utilizzata da Sigmund Freud su di sé, sui suoi pazienti e consigliata a parenti e amici. Anche nel romanzo “Il Dottor Jekyll e Mister Hyde” è presente l’uso di sostanze. La cocaina è anche usata da Sherlock Holmes durante le sue avventure. A proposito di Sherlock Holmes ecco di seguito un breve spezzone tratto dal secondo romanzo di Sir. Arthur Conan Doyle, lo scrittore dell’opera.

Sherlock Holmes tolse dalla mensola del caminetto una bottiglia e una siringa ipodermica da un lucido astuccio di marocchino. Con dita lunghe, bianche e nervose, fissò all’estremità della siringa l’ago sottile e si rimboccò la manica sinistra della camicia. I suoi occhi si posarono per qualche attimo pensierosi sull’avambraccio e sul polso solcati di tendini e tutti punteggiati e segnati da innumerevoli punture. Infine si conficcò nella carne la punta acuminata, premette sul minuscolo stantuffo, poi, con un profondo sospiro di soddisfazione, ricadde a sedere nella poltrona di velluto.” (Sir Doyle A. C., Saggio di scienza deduttiva, primo capitolo di Il segno dei quattro, 1890)

Una volta passato l’entusiasmo per la sostanza, si iniziano a scoprire, generalmente dopo anni, i suoi effetti negativi: dipendenza, danni al fisico e alla psiche, problemi di ordine pubblico e predisposizione a omicidi e suicidi. A quel punto si inizia a vietarla per legge, a cercare modi per contrastarne la circolazione, (pensiamo al proibizionismo americano) ma questo risulta spesso molto difficile. Sembra inoltre che vi sia difficoltà ad imparare dal passato, e così dopo aver abbandonato la cocaina si inizia a permettere la diffusione dell’eroina, molto usata/abusata dai soldati in guerra, per poi tentare di fermare anch’essa, e così via.

Abbiamo fin qui parlato della diffusione della droga come uso ingenuo, in una società che non conosce gli effetti dannosi e la capacità di indurre dipendenza. Riguardo gli anni più recenti si può affermare che la tossicodipendenza moderna si è diffusa come forma di espressione estrema della contestazione giovanile verso la società, in particolare negli anni sessanta e settanta, quando il mondo giovanile voleva affermarsi con maggior forza, occupando uno spazio tra età infantile ed età adulta, che era prima praticamente inesistente.  La cultura giovanile, il rock, l’abbigliamento, i capelli lunghi, gli ideali pacifisti ed egualitari, la libertà sessuale e l’emancipazione della donna sono gli elementi che caratterizzano la nuova cultura dei giovani di quel periodo. L’uso di droghe, in particolare cannabinoidi e allucinogeni, era parte di questa cultura, sebbene non tutti i giovani vi si riconoscessero. A partire da questa base si diffuse l’uso di eroina, e le tossicodipendenze iniziarono a diffondersi in maniera più radicale.
Una svolta si ebbe negli anni ottanta, quando parte delle ideologie giovanili entrarono a far parte della cultura dominante, i movimenti più radicali vennero contrastati dai poteri pubblici, e iniziò a diffondersi la paura dell’HIV. L’utilizzo delle droghe diventò più un qualcosa di individuale, personale, anziché collettivo e di protesta.

Negli anni novanta abbiamo un aumento della diffusione degli stimolanti, come cocaina, metamfetamina e ecstasy, perché l’uso di eroina iniziò a essere sempre più stigmatizzato. Queste droghe vengono viste come meno impattanti, in quanto solitamente non si iniettano, ma si assumono per via orale o attraverso il fumo.
Attualmente sono presenti le cosiddette smart drugs o designer drugs, dei composti ancora non classificati dallo stato tra le sostanze illegali, in quanto di nuova invenzione. Quando una di queste sostanze viene inserita nella lista di quelle proibite è sufficiente cambiare una molecola e il composto torna nuovamente legale.
La società può fare qualcosa per limitare la diffusione delle droghe? Assolutamente si. Oltre le operazioni di polizia sarebbe utile cambiare il modo in cui le droghe sono percepite da un potenziale assuntore e dalla collettività. È utile agire prima che la persona faccia uso per la prima volta. Rispetto chi utilizza è necessario sensibilizzarlo, mostrando i servizi sul territorio che possono fornire un aiuto per uscire dalla propria dipendenza.